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Quando arte e marketing si incontrano: il caso di Salvador Dalì.

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La storia della pubblicità deve molto al lavoro di pittori, artisti e fotografi. Abbiamo già citato il caso di Bob Noorda che disegnò il logo di Enel o del futurista Depero che con il suo estro contribuì a rendere noti prodotti come l’Acqua San Pellegrino e il liquore Strega.
Oggi vogliamo farvi conoscere un caso analogo, spostandoci di qualche chilometro: precisamente nella Barcellona del 1958.
In quell’anno Eric Bernant presenta al mondo un prodotto che rivoluzionerà la vita di grandi e piccini: il chupa chups.
Il famoso lecca lecca, fin da subito, riscuote un enorme successo grazie alle evoluzioni che porta con sé: fu la prima leccornia ad essere fabbricata su uno stick, aveva dimensioni ridotte per consentire ai bambini di non sporcarsi le mani (con grande sollievo delle mamme) e fu il primo bon bon a trovare la collocazione vicino alla cassa dei negozi, per essere così facilmente fruibile dai bimbi.
Non una semplice invenzione “culinaria”, ma un’innovativa strategia di marketing, alla quale seguì uno studio del packaging e del logo che ne fecero un classico esempio di food design.
E il collegamento con l’arte, vi chiederete?
Avviene proprio con lo studio del marchio: infatti nel 1969 fu il pittore surrealista Salvador Dalì a ideare il tratto distintivo – che ancora oggi – accompagna Chupa Chups. La leggenda narra che il pittore catalano disegnò il logo in meno di un’ora sul retro di un giornale. Dal suo genio nacque la margherita gialla, simbolo allegro, felice e originale che ne fa uno dei progetti di branding più longevi nella storia del marketing.
Così come Dalì si è messo al servizio di un brand, al contrario, un brand, 40 anni dopo, ha utilizzato l’arte surrealista, e in particolare il suo stile per una campagna pubblicitaria. Volkswagen, per lanciare sul mercato la Polo Blue Motion, ha ideato una creatività che ha molti rimandi ed elementi surrealisti: possiamo riconoscere le non-forme tipiche degli “orologi molli” di Dalì, le formiche sempre presenti nei suoi quadri, i colori accessi, l’atmosfera fantastica e inquietante.
Questo è solo un esempio di citazionismo in pubblicità, una strategia di marketing molto diffusa che ha molteplici vantaggi: da un lato riesce ad “elevare” il prodotto sponsorizzato, al quale viene associato il rispetto dell’opera d’arte; dall’altro usare un linguaggio artistico permette, di riflesso, di far riconoscere in modo immediato il brand o il prodotto in questione. A sua volta la pubblicità può avere una funzione “educatrice” facendo conoscere al pubblico aspetti dell’arte che ignoravano. Arte e marketing si compensano, sono due lati della stessa medaglia che, quando sono messi in relazione, portano a nuove forme creative di grande successo.

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