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“Io credo nel momento decisivo”: G. B. Gardin e la sua fotografia

gianni berengo gardin

Si veste all’inglese, ama i tessuti in tweed, i cappotti pesanti per l’inverno, e si vanta del suo cappellaccio da caccia. Da uomo abituato al movimento, la personalità e lo spirito di Gianni Berengo Gardin si riflette negli abiti che predilige e indossa. E gli consente di mostrare i suoi 85 anni con disinvoltura, senza malinconia e senza mai appoggiare le mani in tasca, ma sempre acceso di progetti nuovi e con l’occhio puntato dentro l’obiettivo.
La rassegna antologica “Gianni Berengo Gardin – Storie di un fotografo” approda a Palazzo Ducale di Genova e, con le sue 200 fotografie, ripercorre la carriera del grande maestro dagli anni cinquanta a oggi. Lui è conosciuto come il poeta della fotografia, capace di aver raccontato con un nuovo linguaggio visivo il nostro paese attraverso immagini dove è spesso protagonista il silenzio, mentre le figure umane, se compaiono, esprimono attimi di vita senza tempo, racchiusi in tranquilli momenti di quotidianità, incontri casuali e gesti spontanei.
Gianni Berengo Gardin inizia dal 1954 a occuparsi di fotografia arrivando a lavorare come fotoreporter per le maggiori testate nazionali e internazionali quali Domus, L’Espresso, Le Figaro, Time e Stern. Il suo occhio attento alle diverse realtà della vita quotidiana, ma anche all’architettura e al paesaggio, lo hanno reso un fotografo molto richiesto nel mercato della comunicazione pubblicitaria. Molte delle più incisive fotografie pubblicitarie utilizzate negli ultimi cinquant’anni provengono dal suo archivio. Procter&Gamble e Olivetti hanno più volte hanno usato le sue foto per promuovere la loro immagine, mentre risale al 2013 la collaborazione di Berengo Gardin con It@rt, progetto interamente Made in Italy, nel quale opere di artisti contemporanei e maestri della storia dell’arte sono impresse su T-shirt, prodotte in edizione limitata.
Gianni Berengo Gardin è anche un fotografo combattivo e tenace, e lo confermano i suoi lavori di testimonianza e, soprattutto, di denuncia, reportages severi e rigorosi che equivalgono a una presa di posizione netta che lui sente come un dovere civile.
Basti pensare al suo lavoro su L’Aquila, prima e dopo la devastazione inflitta dal terremoto e altri avvenimenti che hanno marcato in profondità il nostro paese, come l’aggressione, al fragile equilibrio ambientale della città di Venezia, dell’”inchino” che le grandi navi da crociera fanno navigando nei pressi di Piazza San Marco. Queste fotografie sono asciutte, essenziali, senza artifici né forzature. In bianco e nero – quasi tutta la produzione di Berengo Gardin lo è – perché “Il colore distrae il fotografo e chi lo guarda” mentre il bianco e nero esalta i dettagli e non attenua la crudezza dei fatti accaduti qualora ve ne sia.
Dice Berengo Gardin: “Io credo nel momento decisivo; però, secondo me, […] Sei tu, fotografo, che decidi quando è il momento decisivo. E ognuno lo fa secondo il proprio punto di vista”. Il nostro augurio è che Gianni Berengo Gardin possa proseguire il suo importante lavoro d’indagine sociale raccontando le storie, qualunque esse siano, con la sua obiettività libera da pregiudizi.

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