Internet è sempre più l’immenso specchio d’acqua in cui tutti noi, novelli Narcisi, ci riflettiamo ogni giorno, ricercando nello sguardo degli altri o affermando volitivamente davanti ad essi la nostra identità. Un’identità che ha proprio nell’immagine il suo riflesso più diretto, a fianco e talvolta oltre le parole e i testi. Del resto, questo imporsi dell’aspetto visuale è un processo dalle radici lontane, in costante evoluzione, che ha coinvolto massicciamente anche il settore della comunicazione.
La comunicazione moderna infatti è nata e cresciuta con il boom economico dall’esigenza di promuovere i prodotti e i servizi delle aziende a un pubblico sempre più ampio di consumatori. Ogni azienda che aspirasse a incidere sul mercato aveva la necessità di farsi conoscere, di adottare una strategia che oggi chiameremmo di brand.
Ma nell’era dei mass media, l’identità passa prima di tutto attraverso l’immagine. Già l’advertising classico, quello di manifesti, cartelloni pubblicitari, inserti sulle riviste e sui quotidiani viveva e vive di immagine. Così come, poco dopo, anche il mezzo televisivo ha rafforzato la preminenza dell’aspetto visivo in pubblicità, associato a una scrittura di contenuti efficace, icastica, che puntasse dritto al proprio obiettivo persuasivo.
Identità di brand e immagine aziendale dunque sono sempre andati a braccetto. Ciò che oggi si definisce comunemente immagine coordinata in fondo è sempre esistita: il logo distintivo di un’azienda, i suoi colori istituzionali, la scelta dei font per i suoi testi, il generale assetto stilistico e grafico dei suoi prodotti promozionali da sempre convergono per costituire una sorta di araldica aziendale. Sono appunto l’immagine in cui si riconoscono coloro che vi lavorano, coloro che ne sono i fruitori o i consumatori e quindi è lo specchio attraverso il quale attrarre il proprio segmento di mercato di riferimento.
Oggi tutto questo, con la Rete e soprattutto con la carica invasiva dei Social Media, diventa esponenzialmente determinante. Se prima il mercato era locale per i più e globale per pochi, oggi anche chi lavora e produce su una ribalta tutto sommato ristretta, deve esistere anche sulla Rete globale: tante volte – pare paradossale, ma non lo è – per raggiungere anche l’utente che vive a pochi passi. Questo anche perché la concorrenza è più che mai numerosa e tante volte difficilmente precisabile nell’indistinto mare della Rete e nella pluralità delle offerte.
È un fenomeno che può essere definito glocal, perché vede l’applicazione su scala locale di modalità pensate per un mondo globale.
Ecco dunque che, con il moltiplicarsi dei canali di promozione e, in un’auspicata strategia di marketing, a tutto tondo, diventa essenziale per ogni attività dotarsi di un’immagine certa, riconoscibile, convincente, perfettamente specchiante la mission dell’azienda e la qualità intrinseca dei suoi servizi o prodotti.
L’utente insomma deve poter riconoscere l’azienda e la sua specificità, passando da un medium all’altro. Ogni canale di comunicazione di cui si dota una realtà produttiva o professionale infatti deve essere contraddistinto da caratteri di omogeneità con l’immagine complessiva. Dalla carta intestata ai biglietti da visita, dal depliant allo stand di una fiera. Dal sito internet al video su Youtube, dalla pagina Facebook a Linkedin e a Twitter, per citare solo alcuni dei Social Media. Ognuno certo declinato secondo le sue specificità, ma in una cornice univoca: logo, colori, tratti grafici, font, tipologia di immagini a corredo. Semplicemente si potrebbe dire: un unico e inconfondibile stile!
È chiaro dunque che, ancora oggi come è sempre stato, a monte della costruzione o del restyling della visual identity di un brand c’è lo studio del target e la messa a fuoco degli obiettivi comunicativi, ovvero degli elementi che plasmano le scelte grafiche e stilistiche. Ma questa è un’altra storia, e un altro (prossimo) articolo!