Con la rivoluzione industriale, l’aumento di produzione e la disponibilità di una più ampia scelta di prodotti gettò le basi per la costruzione della moderna tecnica pubblicitaria, sebbene anche in precedenza si conoscessero forme di promozione. Ad esempio “slogan” riguardo avvenimenti o servizi come i bagni pubblici, già compaiono su alcuni muri di Pompei.
Oltre alle inserzioni pubblicitarie sui quotidiani, dalla seconda metà dell’Ottocento fecero la loro comparsa i manifesti dove alla parola scritta si amalgamavano le tinte e i tratti di artisti come, ad esempio, Toulouse-Lautrec o gli esponenti del futurismo italiano (vedi l’articolo sul blog di Cabiria).
La potenzialità espressiva dell’immagine venne intuita dalla mente arguta di questi artisti ancora prima che la scienza ne comprovasse la reale efficacia, attribuendo all’informazione visiva l’importante ruolo di comunicatore. Oggi sappiamo che il 90% delle informazioni trasmesse al nostro cervello sono di tipo visuale e che le persone ricordano l’80% di ciò che vedono e solo il 20% di ciò che leggono.
Dall’utilizzo di illustrazioni e dipinti all’impiego della tecnica fotografica il passo è stato breve. Divenne ben presto chiaro che, al fine di veicolare un messaggio, la pubblicità avrebbe potuto affidarsi alla forza espressiva di un’immagine fotografica.
Nacque così la fotografia pubblicitaria: il connubio perfetto tra fotografia e pubblicità si è andato affinando con il tempo e di pari passo con i progressi tecnici, fino all’ultimo decisivo step, l’introduzione della fotografia digitale. Fu un ricercatore della Kodak a presentare nel 1975 la prima fotocamera digitale: con una risoluzione di 0,01 megapixel, ci vollero ben 23 secondi per scattare la prima immagine in bianco e nero. Da quel goffo marchingegno alle macchine fotografiche reflex digitali di ultima generazione è stato compiuto un balzo enorme, migliorando notevolmente la tecnica e la qualità di acquisizione dell’immagine.
L’avvento del digitale ha senza dubbio sconvolto il lavoro del fotografo così come la nascita e la capillare diffusione del web e dei Social media hanno ridefinito il modo di comunicare e il ruolo dell’immagine pubblicitaria. Nel variopinto e accelerato mondo di internet le fotografie sono divenute il novello Ermes della divulgazione. Come il dio con le ali alle caviglie, le immagini si sono tramutate nel più efficace veicolo di comunicazione empatica dei contenuti.
Le campagne pubblicitarie dei brand si basano sempre più spesso infatti su efficaci progetti di visual content marketing. Lo scopo rimane sempre il medesimo della classica pubblicità: attrarre possibili acquirenti, facendo conoscere loro un prodotto in modo che sia desiderabile.
Si tratta dunque di creare una raffinata combinazione tra immagine, colore, e testo per catturare l’attenzione del potenziale target e sedurlo con un visual storytelling che in ultima istanza deve portare all’aumento delle vendite (o della reputazione, quando l’obiettivo non sia la vendita, ma il consolidamento di un’identità di brand).
L’immagine, se efficace, ha in questo senso un potenziale insostituibile perché veicola un contenuto in modo immediato ed emozionale, facendo leva sui sentimenti e su riflessi istintivi e inconsci, ed inducendo quindi in modo naturale e spontaneo all’adesione al messaggio.
E per noi, comuni, internauti? Se in passato i fotografi amatoriali sottoponevano a faticosi tour de force parenti e amici per mostrare il voluminoso album delle immagini scattate in vacanza, oggi la situazione non sembra essersi modificata: sommersi da milioni di foto la cui condivisione è semplice grazie ai Social media e al digitale, a tutti basta avere uno strumento in grado di scattare fotografie per sentirsi abili comunicatori…
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