In un mondo dove la tecnologia è parte integrante e insostituibile delle nostre vite, sono i “nativi digitali” ad essere più esposti ai pericoli che incombono quando la linea tra la vita “online” e quella “offline” diventa sottile. Tra questi pericoli il cyberbullismo è forse il peggiore. Con cyberbullismo si intende l’uso delle nuove tecnologie (dagli smartphone ai social media) per intimorire, molestare, mettere in imbarazzo, far sentire a disagio o escludere altre persone. I danni, proprio per la particolarità dei mezzi utilizzati, possono essere di portata imprevedibile, come ci dimostrano i sempre più frequenti casi di cronaca. Esiste, però, anche il “lato buono” della tecnologia: app, piattaforme, forum che si sono posti l’obiettivo di contrastare questo fenomeno.
App “antibullo”: social media al servizio dei più giovani
Negli ultimi anni sono nate startup “antibullo” con l’obiettivo di convertire il potere dei social mettendolo al servizio dei più giovani, per educarli prima di tutto al rispetto reciproco, ma anche per responsabilizzarli ad un uso corretto del web e alla condivisione con gli altri utenti. L’insulto non è contemplato e l’anonimato è tradotto in condivisione d’esperienze. Ma soprattutto la supervisione di un adulto rimane fondamentale.
Vediamo qualche esempio:
· Con Kudos, che ricorda molto le meccaniche di Instagram, i piccoli utenti possono condividere, apprezzare e commentare foto e disegni dei propri amici, in un ambiente controllato e improntato ad un cordiale scambio di esperienze.
· Lego Life è un social nato per gli utenti di età inferiore ai 13 anni. Proprio per il sensibile target di riferimento, Lego Life ha adottato una serie di norme di sicurezza per tutelare i piccoli utenti.
· To be honest è forse l’esempio più lampante di questo tipo di piattaforme social antibullo. L’obiettivo dichiarato è quello di voler combattere insulti e odio attraverso una parola d’ordine: positività. Gli utenti si interfacciano con i propri amici esclusivamente attraverso complimenti e apprezzamenti. Recentemente To be honest è stata comprata da Facebook e questo mostra chiaramente quanto possa risultare interessante in primis ai grandi colossi questo tipo di problematiche, in cui ormai sono direttamente coinvolti.
Essere genitori digitali
Anche i genitori possono adottare tecnologie per monitorare l’attività web dei loro figli. Ad esempio Kids Place permette di bloccare l’acceso a determinati siti e consente di monitorare messaggi e chiamate. O ancora Qustodio, una delle miglior app per il controllo parentale, pensata per monitorare, gestire e proteggere il dispositivo del proprio figlio quando è in movimento. Altro esempio che vale la pena citare è DinnerTimePlus: permette di bloccare a distanza un dispositivo quando, per esempio, arriva l’ora della cena, dello studio o dimettersi a letto. Essere genitori in un contesto “tecnologico” come il nostro vuol dire confrontarsi con preoccupazioni e problematiche inedite. Ciò significa diventare “genitori digitali”, adottare tutte quelle misure di sicurezza che permettono di salvaguardare il proprio figlio non solo dal mondo reale, ma anche da quello virtuale.