Youtube, un social media e la sua storia decennale, ricca di clamorosi successi fin dalle origini, ma impossibile da narrare semplicemente attraverso le statistiche, pur se inequivocabili: questa la premessa con cui l’altra volta abbiamo introdotto il racconto relativo agli esordi (2005) della web company californiana in oggetto e che teniamo sempre ben presente, mentre ci apprestiamo a scrivere sui suoi trionfali traguardi.
Intanto, i creatori della più famosa piattaforma di videosharing furono lungimiranti, se non tempestivamente profetici, quando pensarono di introdurre anche l’accesso diretto dei filmati girati col cellulare. Non solo. Youtube era nato da relativamente poco e proponeva la “viralità” come una delle sue caratteristiche peculiari: postato nel 2006, “Evolution of dance”, con protagonista il comico Judson Laipply, si accredita come il capostipite dei video che si propagano velocemente attraverso il web o che comunque si rivelano capaci di collezionare nel tempo un numero importante di visualizzazioni.
Sempre l’anno dopo la sua apparizione, per Youtube accaddero eventi importanti anche dietro le quinte: il primo contratto di collaborazione siglato con un media “classico”, il canale tv NBC, precedette di qualche mese il passaggio di consegne dai fondatori a Google, il quale, col senno di poi, vista la continua crescita della società di San Josè, realizzò nello specifico una strepitosa operazione commerciale. Il 2006 arriva al capolinea con la rivista Time che sceglie l’internauta (generico) come persona più importante dei dodici mesi in chiusura, a suggello dell’ingresso conclamato nell’era 2.0, quella della partecipazione e dell’interazione in rete: la copertina del magazine, non a caso, fa una citazione velata e riporta lo schermo di un pc con la scritta “You”.
Nel 2007, Youtube si scopre internazionale fino in fondo con nove “declinazioni” che parlano altre lingue, tra cui quella italiana. È l’anno in cui il portale diventa ufficialmente “sensibile” al diritto d’autore, sia sul piano economico (assegnazione di introiti sulla base di accordi), sia su quello legale (verifica di violazioni dietro denuncia degli interessati). Nel frattempo, mentre nel sito irrompe inesorabilmente la pubblicità, alla dimensione familiare di filmati come “Charlie bit my finger” (uno dei più cliccati di sempre) risponde quella politica con la CNN che attinge dal contenitore le video-domande degli elettori ai candidati in corsa per le presidenziali degli Stati Uniti.
Successivamente, Youtube funziona sempre più da cassa di risonanza per la popolarità di stelle dello spettacolo già scoperte dalla televisione, come per esempio Susan Boyle , ma si dimostra anche il diretto trampolino di lancio per tanti artisti (uno su tutti, Justin Bieber) a caccia di consensi attraverso la democrazia della condivisione internet. Fino a inizio 2011, quando il servizio di videosharing si ritrova a ricoprire il ruolo di collettore delle immagini provenienti dalla cosiddetta “Primavera Araba”, l’ondata di tumulti che, partita dal Maghreb per poi giungere in Medio Oriente, ottenne un’eco determinante nei social networks.
Per descrivere quello che, ad oggi, Youtube è stato in grado di produrre, facciamo parlare un po’ quei numeri che fin qui abbiamo voluto scavalcare a beneficio del racconto puro: 300 ore di filmati caricate ogni minuto sul sito che occupa il terzo gradino del podio mondiale in quanto ad accessi, dopo lo stesso Google e Facebook. Una caterva impressionante di visitatori che hanno lanciato “Gnam Gnam Style” del coreano PSY in vetta ai video più visualizzati, con proporzioni tali da rompere il contatore 32 bit ed esigerne uno da 64.
Una giungla di emozioni multimediali per gli utenti e un universo di cifre stratosferiche per gli analisti: questi i pregi di Youtube, vivacissimo bambino di dieci anni, ormai gioia dei suoi genitori adottivi…