Cos’è il rebranding?
Sappiamo tutti che il logo e la corporate identity sono “segni” grafici, visivi e testuali che devono comunicare l’essenza di un brand in modo quasi subliminale, senza interferenze e in modo durevole. Quando questo non avviene, perché il brand è cambiato o perché è cambiata la percezione del segno comunicativo da parte del pubblico, allora è necessario un rebranding. Ma che cos’è un rebranding? È un processo di rinnovamento o cambiamento dell’immagine del brand, che si riverbera in primis sul logo e poi su ogni altro strumento di comunicazione aziendale.
Come si fa un rebranding
Per realizzare un rebranding si parte prima di tutto da un’analisi per individuare punti di forza e di debolezza, successivamente si compie un confronto con i principali concorrenti. Mettendo a fuoco poi i valori, la filosofia e l’identità dell’azienda. Successivamente si passa a una fase più “pratica”, in cui si ridisegna il logo, il sito web, le brochure, i listini, il packaging, senza trascurare i testi.
Quando fare un rebranding
La cattiva reputazione di un marchio può essere un valido motivo per un cambio “look”, infatti una nuova comunicazione potrebbe portare a un nuovo inizio. Altre ragioni che possono portare a un rebranding sono il cambio di posizionamento nel mercato di un’azienda, oppure un’immagine del brand non al passo con i tempi, una fase di fusione o scissione.
Gli esempi di Instagram, Enel e Google
Un esempio famoso di rebranding è il cambio logo della piattaforma social Instagram. Il precedente logo in stile Polaroid era diventato obsoleto, poiché Instagram non era più soltanto una semplice app di condivisione foto, ma stava diventando qualcosa di più. Questo rebranding rispecchia un cambiamento interno dell’azienda e uno stare al passo con i tempi.
Un altro rebranding di successo è dato dal caso dell’azienda distributrice di energia elettrica: Enel. Nel 2016 la società decise di trasformare la propria visual identity, prima di tutto con un logo colorato e moderno rappresentante un flusso luminoso in movimento. Questo cambiamento è una scelta dettata dalla necessità di comunicare una nuova visione del futuro più innovativa e aperta a nuove opportunità, prima fra tutte il digitale. La loro nuova filosofia denominata “Open Power” prevede di avvicinarsi e aprirsi di più alle persone, ai partner, ai nuovi utilizzi del digitale; tutto questo è racchiuso nel nuovo logo.
Un rebranding di tipo più “tecnico” è dato dal caso di Google, in cui il carattere serif del logo è stato sostituito con il sans-serif, con l’obiettivo di adattarsi a tutte le piattaforme esistenti. I colori del logo sono stati mantenuti e il nuovo carattere è più lineare e armonioso rispetto al precedente.
Tutti e tre i casi di rebranding sono stati accolti piacevolmente dal pubblico, chiedere opinioni o feedback agli utenti o a chi lavora all’interno di queste realtà è importante. Poiché nell’epoca digitale e dei social network un “errore” di rebranding può costare caro.
Quanto cambiare?
Molto spesso questo “rinnovamento” non avviene all’improvviso, ma ci sono “segnali” che le aziende devono percepire per attuare questo percorso. L’azienda dovrebbe porsi sempre la domanda: “quanto voglio cambiare?”. Il rebranding non è solo una necessità, ma comporta una scelta di strategia, ricerche di mercato, studi approfonditi dei competitors ed è per questo che è necessario affidarsi a un’agenzia di comunicazione. Un’agenzia di marketing può essere una fedele compagna, che vi tiene per mano e vi guida lungo questo percorso.